In una società che non si ferma mai, il silenzio è spesso scambiato per imbarazzo. Per chi lavora nella relazione d’aiuto, invece, quei secondi sospesi sono materia viva: cornice in cui sedimentano parole, sguardi e respiri. La co‑presenza non è mera convivenza di corpi nello stesso luogo, ma un orientamento dell’attenzione che mette in risonanza due sistemi viventi.
In questa risonanza si giocano micro‑accordature: una voce che si adatta, un corpo che alleggerisce il tono, una pausa che offre appoggio. Considerare il silenzio come suono debolissimo, con qualità proprie, permette di lavorare con esso senza ridurlo a assenza.

Il silenzio come materiale
Si può percepire un silenzio caldo o freddo, teso o rilassato, condiviso o solitario. Nominarne le qualità aiuta a modulare la presenza e a prevenire la colonizzazione dello spazio relazionale.
Nel colloquio clinico, il silenzio può essere invito, segno di rispetto, luogo di respiro. Nell’improvvisazione, è parte della forma: lascia decadere il suono perché il corpo registri ciò che è accaduto.
Risonanza, non fusione
Risonare non significa confondersi: è risposta che mantiene differenza. Regolare prosodia, ritmo e intensità per incontrare l’altro costruisce un ponte senza invadere.
Questa pratica richiede consapevolezza corporea e un’etica della discrezione: non si colonizza l’esperienza altrui; si resta vicini al suo modo di accadere.
Contesto culturale e giusta distanza
Il silenzio non è neutro: in alcune culture la pausa è rispetto, in altre ansia. La ‘giusta distanza’ non è standard ma co‑creazione continua.
Si impara a sentire quando avvicinarsi e quando arretrare, accettando che la misura cambi nel tempo e tra persone.
Cura di sé del professionista
Mantenere una presenza sensibile richiede energie: pausa e riposo sono parte dell’etica professionale. Coltivare silenzi personali (camminare senza cuffie, ascoltare un ambiente naturale) mantiene vivo l’organo dell’ascolto.
Solo così la co‑presenza non si riduce a gesto tecnicistico ma resta atto umano.
Quando il tempo si allarga
Quando la risonanza funziona, emerge una qualità difficile da definire: ci si sente accompagnati. Non è detto che compaiano parole nuove, ma spesso arriva una calma possibile. È in questo allargamento del tempo che la relazione sedimenta.
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Bibliografia essenziale
- Ogden, P., Minton, K., & Pain, C. Trauma and the Body. Norton, 2006.
- Bion, W. R. Learning from Experience. Heinemann, 1962.
- Stern, D. N. The Present Moment in Psychotherapy and Everyday Life. Norton, 2004.
- Guidano, V. Il Sé nel suo divenire. Raffaello Cortina, 1988.
- Feldman, M. Co-presence: A Musical Psychology of the Unconscious. IJPA, 2015.